La strada che porta nel regno di Katharina Arrigoni si può trovare anche a occhi chiusi. Basta seguire l’irresistibile profumo di pane appena sfornato. Il suo laboratorio sorge in un vecchio stabilimento industriale sulle rive della Limmat nell’Oederlin Areal, un quartiere di Ennetbaden (AG). Da fuori sembra tutto tranne che un panificio. Appena varcato l’edificio si nota però subito il fascino speciale di quella che ai tempi fu una fabbrica di rubinetteria. «Sono cresciuta a Ennetbaden e questo stabile lo conosco da una vita. Mi ha sempre affascinato il suo stile industrial chic», spiega la 48enne Katharina Arrigoni.
Quando nell’aprile 2020 si presentò la possibilità di prenderlo in affitto, Katharina non ci pensò due volte e si creò un laboratorio artigianale su misura, uno spazio dai soffitti alti e inondati di luce, con lunghi piani di lavoro in legno e quattro forni. La fornaia argoviese ha scelto di conservare anche la gru di interesse storico, integrandola nell’arredo come elemento decorativo che unisce il vecchio al nuovo.
Una perfezionista
Questa sua abilità nel fondere le cose è anche la cifra stilistica di imprenditrice. «Quando sperimento nuove ricette di pane cerco di trarre ispirazione da tecniche antiche, tentando di svecchiarle con le mie idee», racconta Katharina, mamma di tre adolescenti e precisa: «Il mio obiettivo è creare qualcosa che prima non esisteva». Katharina Arrigoni si autodefinisce una perfezionista; prima di finire nel suo repertorio, infatti, il gusto e l’aspetto di un pane devono essere esattamente come se li era immaginati. «Durante questa fase qualche volta mi capita addirittura di sognarmi il pane la notte», confessa sorridendo. La sua carriera di panificatrice è iniziata nel 2017 e da allora, da autodidatta, è diventata una celebrità con più di 63.000 follower su Instagram e un secondo ricettario sul pane all’attivo.
Si stenta quasi a credere che prima di diventare un’artista dei lievitati, Katharina Arrigoni abbia fatto altro nella vita: «Eppure è così; prima ero responsabile marketing».
Durante una fase difficile della vita scoprì che impastare la aiutava a svuotare la mente. «Ha lo stesso effetto della meditazione. L’impasto non tollera la fretta e mette alla prova la mia pazienza», racconta determinata. All’epoca si fece una cultura in materia e imparò a panificare con quantità minime di lievito e di pasta madre. Entrambe le tecniche richiedono un minimo di programmazione. Il più delle volte, infatti, tutto inizia il giorno prima della panificazione vera e propria con un pre-impasto che serve a far riprodurre i microorganismi deputati alla lievitazione.
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