Ha lasciato il suo Senegal a 15 anni, pronto ad affrontare di tutto “per trovare fortuna in Italia”: la prigionia e le torture in Libia, il barcone e le onde del mare, il ricordo dilaniante della famiglia lontana. Ora Ibrahima Sabaly di anni ne ha 19, vive a Cellino San Marco e lavora in pasticceria. Era il suo sogno, “e i suoi pasticciotti sono buonissimi, identici a quelli di mio padre”, dice Andrea Colitta. Quest’ultimo ha 35 anni ed è titolare della pasticceria Colitta, azienda di famiglia – ma è anche manager delle tenute di Albano Carrisi – che ha voluto dare a Ibrahima l’occasione di rinascere.
“Lui non racconta molto di sé, mi ha detto che lavorava in Libia ed è stato un anno e mezzo in carcere. Chiedevano il riscatto alla sua famiglia per liberarlo, è riuscito a scappare ma poi è stato ripreso e torturato. Quando finalmente è arrivato in Italia è stato prima a Racale, poi a Gallipoli e infine a Squinzano”. Da qui è partita la segnalazione di un’amica di Colitta, e Ibrahima è stato messo alla prova in pasticceria a Cellino San Marco.
“È un ragazzo d’oro, bravissimo, diligente ed educato”. Soprattutto, ha una grande voglia di imparare: ha superato il maestro – il padre di Andrea – nella preparazione del pasticciotto leccese, ora si sta specializzando nei gelati. Attorno a sé ha trovato persone pronte ad accoglierlo: “Un cliente della pasticceria ha sentito che cercavamo una casa per Ibra e ha messo a disposizione la sua, lasciandogli un grande televisore e il wi-fi – continua Andrea Colitta – io gli ho pagato i primi cinque mesi d’affitto, perché se lo merita e voglio costruirgli uno storico, l’ho portato anche in banca per aprire un conto corrente e abbiamo arredato la nuova casa con i mobili di quella di mia nonna, che non c’è più”.
Quello che resta è un passato ingombrante: “Ibra ha qualche residuo di trauma, tende a chiudersi in casa e non uscire. Ma una cosa grande l’hanno fatta gli altri ragazzi del bar, lo hanno adottato come un fratello minore e lo portano in giro con loro dopo il lavoro”. Il razzismo non esiste, nella pasticceria Colitta: “Sento tante chiacchiere sul “prima gli italiani”, ma non esiste un prima di nessuno, prima c’è solo l’essere umano – riflette Andrea – C’è stato solo un cliente che ha detto che non sarebbe più venuto da noi, se ci lavorava una persona di colore, e gli ho risposto di non venire più”.
I Colitta se lo tengono stretto, Ibrahima: “Prima di lui ho avuto circa 30 ragazzi che sono passati in pasticceria, volevamo formarne qualcuno per dare un seguito all’azienda. Abbiamo trovato solo arroganza e maleducazione. Ibra, invece, conosce quei valori che noi tutti sembriamo aver perso”. Il 19enne, ora, riesce a sentire i suoi familiari in Senegal con le videochiamate. “A volte è triste, pensa alla famiglia – conclude Andrea – non la vede da quattro anni e ha paura di tornare perché è pericoloso. Gli ho promesso che ci andremo insieme”.
FONTE: https://bari.repubblica.it