Monghidoro sta su in alto, nell’Appennino in provincia di Bologna, al confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana. E’ sempre stato un paese di passaggio tra la pianura padana e l’Italia centrale, fatto di gente che va e che viene, di mercati e di scambi, anche culturali. A Monghidoro faceva il pane Francone, che gestiva il forno di famiglia, insieme alla moglie Graziana. Francone lo conoscevano tutti, non solo per il suo buon pane ma perché era davvero un «personaggio» storico del paese, di quelli che ti fermavi a parlarci per forza quando lo incontravi. Gli antichi mulini intorno a Monghidoro erano dismessi da anni, e questo a Francone – che restava sveglio per garantire il pane a tutti – non andava giù. Nel frattempo Matteo, il figlio di Francone, che a lavorare di notte come fornaio non ci pensava proprio, preferiva «volare» con la testa e anche col corpo, perché dai monti dell’Appennino si lanciava davvero nell’aria col parapendio. Ad inizio anni ’90, da un viaggio nelle Marche Matteo portò su un sacco di farina macinata a pietra e disse al babbo «proviamo a fare il pane con questa». E fu la svolta. [continua dopo la foto]
«Siamo stati come travolti da questa novità. Che poi novità non era perché la farina macinata a pietra è un antico metodo di molitura, utilizzato già nella storia. Ma il pane che usciva dal forno era così diverso, gustoso, fragrante e particolare che abbiamo deciso di proporlo sempre per il futuro, insieme a pani fatti con grani antichi, farine integrali ecc. Da lì è stato un crescendo e quando mio padre è stato male, nel 1992, sono subentrato io nella conduzione del panificio». Matteo Calzolari è un entusiasta e ci parla del suo modo di intendere il pane. «Oh, che poi mica ho smesso di volare, eh? Solo che lo facevo di pomeriggio mentre di notte stavo in laboratorio! Quando sei in volo e li vedi dall’alto, capisci subito che i campi di grano “respirano” con le siepi e col bosco dell’Appennino accanto, che le spighe son “pulite” dal soffio del vento. E allora ho pensato che dovevo mostrare tutto questo ai clienti nostri amici, perché solo così si comprende davvero che il pane che facciamo è un prodotto genuino, fresco, salubre, proveniente dalle colline qui vicino». Quindi? Chiediamo. «Quindi ho dato vita all’iniziativa “Mangirò”!» [continua dopo le foto]
Chiediamo a Matteo di parlarcene meglio. «Insieme ad amici produttori, famiglie di agricoltori locali, molti cuochi della zona ecc. abbiamo creato una “comunità del cibo slow food”, fatta di solidarietà, condivisione di esperienze, con alla base una “visione comune di valorizzazione del nostro territorio”. Mangirò è tutto questo con il pane che ci cammina a fianco». In che senso? «Ci troviamo qui a Monghidoro davanti al forno storico di Calzolari la prima domenica di luglio e poi attraverso boschi, costeggiando ruscelli e passando per antichi borghi raggiungiamo gli splendidi campi di grano, insomma è come seguire al contrario il filo che lega il pane alla terra. Il forno a legna è su un trattore che viaggia con noi, così tutti vedono camminando come si impasta, si cuoce e si mangia il pane che facciamo. Ma non è tutto: durante il percorso bravi chef cucinano piatti ovviamente a base di pane e poi buon vino e tanto divertimento in 12km!» [continua dopo le foto]
Il forno di Calzolari negli anni è «sceso a valle» e ha aperto quattro punti vendita a Bologna (via delle Fragole, via Clavature, via Andrea Costa e via Marchesana) oltre ad avere un suo spazio all’interno di FICO, il «parco del cibo» di Eataly. Come si concilia tutto questo con la vita privata? «Allora, il parapendio e le montagne mi hanno spinto a “guardare oltre”, ad avere orizzonti più ampi. Tra l’altro mia moglie è insegnante e ha voluto fortemente che realizzassi all’interno di FICO questo progetto didattico per mostrare a tutti come si fa il pane. Per il resto ho due figlie già abbastanza grandi e sono molto contento. Invece chi continua a darmi un po’ di grattacapi è Gino, che considero ormai come un componente della famiglia Calzolari». Parli di un tuo collaboratore? Chiediamo. «In un certo senso si, senza di lui il pane non esce come vorrei. E’ il nostro lievito madre, il 20 ottobre compie 19 anni! Pensa che all’inizio lo lasciavamo in laboratorio in un sacchetto e a volte “scoppiava” letteralmente! E’ un birichino, Gino, ci fa i dispetti, ma noi lo rinfreschiamo sempre e gli vogliamo un gran bene!». Ci salutiamo. E’ stato un vero piacere parlare con Matteo Calzolari, fornaio che dalla tradizione di paese ha deciso di «spiccare il volo» (è proprio il caso di dirlo…) abbracciando il futuro. [continua dopo la foto]
Alfredo Falcone