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REDAZIONE – IL MIO PANE? LO PORTO «SEMPRE PIÙ IN ALTO!»

Le donne del pane hanno una «marcia in più». Badate bene, non è per galanteria che lo affermiamo. Uniscono la passione, il talento e il sacrificio a quel «senso estetico» e a quella cura dei dettagli che talvolta gli uomini non hanno. «Pensa un po’, un tempo erano solo le donne di casa che sapevano fare il pane. Adesso è considerato un mestiere soprattutto maschile…» – ci dice Simona Lauri, lombarda, tecnologa alimentare professionista, consulente per aziende italiane ed estere ma, soprattutto, fornaia (ci tiene a precisare) – «Vengo da tre generazioni di panificatori e sono la primogenita. Ho iniziato a lavorare dietro, in laboratorio, di notte. Poi dopo la maturità al mattino andavo all’università. Ora collaboro con privati, enti, federazioni, mi chiamano all’estero per consulenze ma la mia origine rimane sempre il forno, perché da lì provengo. La mia base è un panificio artigianale di un piccolo paese in provincia di Milano e già con i colleghi stiamo organizzando la produzione in vista delle feste» [continua dopo la foto] 


«Piantetapane.it è stata la prima voce digitale interamente dedicata a mondo della panificazione artigianale, nata agli arbori dell’era di internet…»
 – continua Simona – «e vi ho seguiti fin da subito. Uno dei miei obiettivi – oltre al lavoro “sul campo” – è sempre stato quello di trasmettere e divulgare vere informazioni scientifiche, per questo ho fondato e ora dirigo Quotidie Magazine, una rivista sul web dedicata all’universo dell’alimentazione. Col tempo è diventato un valido strumento che consente anche al settore del pane di recuperare notizie ed approfondimenti certi, non fake news». Sposiamo in toto il pensiero di Simona perché anche noi combattiamo contro le notizie false, la disinformazione, i suggerimenti sbagliati ecc. presenti un po’ ovunque ma soprattutto nel web. Ne sono «vittime» i lettori poco attenti, inesperti o scarsamente preparati. Così le chiediamo di approfondire. «Prima le notizie si apprendevano dai tg delle tv e attraverso la carta stampata, insomma erano verificate dai giornalisti professionisti. Adesso grazie ad internet e ai social media senza filtri, è molto facile “influenzare” il consumatore divulgando disinformazione. Questo avviene per motivi economici, politici, di marketing o altro. Un esempio? E’ un reato utilizzare il messaggio pubblicitario “senza lievito” Quando è riferito ad impasti provenienti dalla tecnica “wild yeast water. Chi ha un minimo di conoscenza microbiologica nel campo sa benissimo che un prodotto simile non esiste ma – soprattutto – trae in inganno i soggetti davvero allergici al lievito che lo vanno ingenuamente ad acquistare. E’ una vera e propria frode in commercio e contro la salute». [continua dopo la foto] 


I fornai sono esperti e preparati e non cascano nelle fake news, anzi. Durante la chiusura dovuta al Covid-19 sono sempre «rimasti in trincea», aggiungiamo noi. «Mi dispiace dirlo, ma non tutti. Quei panifici e pizzerie che in tempi non sospetti già seguivano scrupolosamente i protocolli HACCP e si erano dotati di consulenti sulla sicurezza ecc. hanno facilmente recepito i nuovi regolamenti obbligatori anti-contagio (es. mascherina obbligatoria, personale dedicato solo alla cassa e non alla consegna degli alimenti al cliente, entrata e uscita dal punto vendita separate, utilizzo di guanti monouso da non indossare tutto il giorno, ingresso al laboratorio riservato esclusivamente ai panificatori muniti di copri-scarpa e mai a personale esterno, ricircolo d’aria ecc…). Invece le attività che in partenza non erano in regola con simili disposizioni si sono trovate impreparate ad affrontare le ulteriori restrizioni sanitarie arrivando in molti casi alla chiusura. Ricordo che tutti sono obbligati ad applicare le linee guida HACCP, le più sicure al mondo, codificate fin dal 1960 e già in vigore in Italia dal 1997». Sembra un po’ una «selezione della specie», commentiamo. «Diciamo che per far fronte ad investimenti importanti qualcuno ha dovuto sostenere difficoltà ulteriori oltre alla crisi». [continua dopo la foto] 


Insomma «una montagna troppo alta da scalare», così per citare Giulio Cesare, famosa canzone di Venditti. «Niente è impossibile» – continua Simona – «come, ad esempio, essere moglie, mamma di due ragazzi, lavorare in un forno, prestare consulenze in Italia e in Europa, gestire e dirigere una rivista scientifica on-line e, appunto, scalare le montagne!» – In che senso, chiediamo – «La mia passione, oltre a tutto quello che faccio ogni giorno, è quella di camminare e scalare. L’ho ereditata da mio nonno paterno, proveniente dai monti sopra Riva del Garda. Quando posso mi alleno, cammino molto e se ho alcuni giorni liberi vado su fino ai 4000 metri: ultimamente sono salita sul Breinthorn, tra la Val d’Aosta e la Svizzera». Giusto. Quando c’è passione, impegno costante e voglia di migliorare nessun ostacolo è insormontabile, anche in panificio. E allora sempre più in alto, Simona Lauri! [continua dopo la foto] 


Alfredo Falcone

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