1. Il pane buono
È la crosta croccante o la mollica ben alveolata, sarà forse la farina o il lievito a fare la differenza? Sono molti i dubbi che ci assillano quando siamo in fila dal panettiere. Oggi è complicato basarsi su parametri certi per riconoscere un pane di qualità e, a fronte di tutte le possibili alterazioni da retrobottega, il compito diventa ancora più difficile, soprattutto se manca il rapporto di fiducia con chi il pane lo fa di mestiere. Come fare allora? Il primo passo è il dialogo: cerchiamo di capire il procedimento, chiediamo che tipologie di farine vengono utilizzate e soprattutto da quale lievito è nata la pagnotta. Sono pochi, poi, i trucchi per distinguere i pregi e i difetti di quello che stiamo acquistando. L’affidamento a tutti i nostri sensi è fondamentale, perché, soprattutto nel caso del pane, prima di mangiarlo con la bocca lo facciamo con gli occhi.

2. Osservare
L’aspetto è il primo indicatore: crosta, alveolatura (i buchi nella mollica) e colorazione sono gli indizi per capire meglio. Il colore può andare dal giallo ora al marrone più o meno intenso ed è influenzato dal tipo di farina utilizzata, soprattutto dal suo grado di raffinazione, e dalla lavorazione. Esistono regole che stabiliscono il rapporto tra mollica e crosta, ma per lo più è una questione di gusti, l’importante è che all’interno le proporzioni siano armoniose: il contrario è sintomo di una ricetta poco bilanciata. Un pane prodotto con farine buone e sane, per dirla con Slow Food, sarà panciuto, leggero e se percosso produrrà un suono sordo. Importante sono gli alveoli indice di una corretta lievitazione.

3. Ingredienti
Come faccio a capire quali vengono utilizzati, vi starete chiedendo. Gli ingredienti di un pane buono sono pochi quanto fondamentali: farina, acqua, sale e lievito, di null’altro ha bisogno. Alla lista si possono aggiungere i grassi, saturi, è il caso dello strutto, o insaturi, come l’olio extravergine, ma anche questi se ben dosati e accuratamente selezionati servono nel processo. Un altro suggerimento è guardare la lista degli ingredienti, ora obbligatoria anche nelle panetterie, per capire le scorciatoie. Oggi, infatti, in commercio esistono conservanti, additivi e miglioratori che aiutano il faticoso lavoro, ma spesso producono lievitazioni spinte e troppo brevi che non aggiungono nulla al prodotto finale, anzi ne diminuiscono la complessità gustativa.
4.Profumo
Chiudete gli occhi e inspirate profondamente appena varcate la soglia del vostro panettiere e non avrete dubbi. Un pane genuino, fatto con cura e attenzione, sarà una piacevole sorpresa per il vostro naso: grazie a lunghe lievitazioni e l’utilizzo di farine adeguate sembrerà di entrare in un campo di grano. I cereali di partenza mescolati a una punta di acidità nell’aria sono sintomo di lunghe e buone lievitazioni. Viceversa se si tratta di un pane fatto unicamente con lievito di birra, senza nessuna fermentazione, gli aromi saranno di gran lunga limitati.
5. Gusto
Ora si può finalmente assaggiarlo: in bocca il pane deve essere friabile, leggermente elastico e senza grumi. Prendetevi il tempo necessario e analizzate tutte le fasi, il sapore sarà una scoperta passo dopo passo: dalla dolcezza della farina al tostato della crosta, passando per la lieve sensazione acida del lievito. Tanto più il pane è integrale tanto il gusto ci guadagnerà, non aspettatevi da farine bianche le stesse sensazioni. Attenzione: il sale serve solo per arrotondare e dare slancio a tutti i sapori. È, quindi, ancora una volta l’armonia delle sensazioni a decretarne la qualità.
6. Cottura
Non sempre viene considerata ma è un elemento altrettanto fondamentale da cui dipende prezzo e conservazione. Il peso del pane, infatti, oltre a dipendere anche dalla qualità della lievitazione, dipende soprattutto dalla cottura. Vi ricordate il rumore sordo che si dovrebbe sentire? Ecco in assenza, significa che non solo costerà di più, ma soprattutto che il pane durerà di meno. La cottura serve per far evaporare l’umidità, che se invece rimane all’interno, farà diventare la vostra pagnotta umidiccia e poco invitante nel giro di poche ore.
7. Tempo
Questo è l’ultimo passo per capire la qualità del pane, purtroppo però, si può verificare ad acquisto già effettuato. Sono molti i fattori da cui dipende la giusta durata e conservabilità del pane: primo fra tutti il lievito. Quante volte vi sarà capitato di addentare del pane comprato poche ore prime e di ritrovarvi sotto i denti un pezzo secco e troppo friabile? Il lievito di birra può giocare brutti scherzi. La pasta madre, invece, crea una barriera protettiva permettendo al pane di durare anche fino a una settimana, se conservato bene. Dentro un sacchetto di carta il vostro pane, ovviamente quello buono, non avrà problemi. I gusti si concentreranno, e anche se la crosta non sarà più croccante come il primo giorno, la qualità non diminuirà, anzi.
FONTE: http://cucina.corriere.it