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NEWS – SONO MILLENNIAL E FACCIO IL FORNAIO: LA NOUVELLE VAGUE DEL PANE

Sono otto, come le sette meraviglie più uno o i fantastici quattro per due. Sono nati negli anni Ottanta, cifra anagrafica che li inchioda a un’infanzia di merendine industriali dalle quali si sono emancipati non appena hanno saputo e potuto scegliere. Manipolano farina, acqua, sale e lievito con la stessa familiarità con cui adoperano le parole. Non solo in lingua italiana, visto che sanno raccontare quel che fanno in inglese e qualche volta anche in francese. Si svegliano che è notte fonda e vanno a letto che è tarda sera, non prima dell’ultimo bagnetto al lievito madre. Provengono chi dall’editoria, chi dall’avvocatura, chi dall’alta e altissima ristorazione. E sono finiti a fare il pane, anzi, con il pane sono finalmente cominciati. Sono i panificatori protagonisti della new wave del pane in Puglia, un movimento che va lievitando a ritmi inversamente proporzionali ai tempi di maturazione delle loro monumentali pagnotte, architetture temporanee che sfidano l’effimero, concepite come sono per durare almeno quindici giorni, restituendo un senso alla mattanza delle vite private che un mestiere come questo implica. Ma anche a chi, per una di quelle pagnotte, è disposto a pagare fino a nove euro al chilo. 

Una nuova generazione di panificatori, tutti nati negli anni ’80. (foto: Spacciagrani) 

L’ultimo nato è Settecroste a Galatina (Lecce), di Andrea Cirolla; classe 1983, laurea in Filosofia e un passato recente da giornalista. L’insegna è un tributo d’amore a Predrag Matvejevic e al suo Pane nostrum, la bibbia dei panificatori del terzo millennio. Il pane omonimo invece è dedicato alla “sacra micca di montagna di Eugenio Pol”, il padre del lievito madre che ha spianato la revolutionary road del pane, innescando un fermento contagioso. Il resto è storia scritta, e porta i nomi di Davide LongoniGabriele Bonci & Co. “Il Pane è una scelta che mi ripaga di tutte le altre possibilità alle quali ho rinunciato – spiega Cirolla – perché è una finestra da cui tutte le altre possibilità alla fine rientrano, uno di quegli infiniti punti da cui potersi affacciare per ritrovare, intero, il mondo”.

Materia affine, anche per le volute del ragionamento, a quella de Il Toscano, al secolo Marco Lattanzi, nato a Orbetello e trapiantato a Corato ormai sei anni fa. Fra tutti, il primo. Studi da perito agrario, lungo pit-stop nella partita dei lievitati con Valeria Piccinni, e dunque la folgorazione fra brume e bakery londinesi. Nelle quindici tipologie che compongono il suo calendario settimanale ci sta una vita intera, prodromi inclusi visto che “sto mettendo a frutto i miei studi provando a coltivare segale”, ovvero il cereale più antico di tutti i grani antichi.

Che faccia ha il pane? Ecco la nouvelle vague dei fornai pugliesi

Stessa ossessione, maturata però in Bretagna, di Francesco Colella (1987) e Angelo Nardomarino (1985) soci alla pari di Spacciagrani, panificio indipendente inaugurato a ottobre scorso a Conversano (Bari). La loro produzione va dal pane casereccio autoctono alla tourte siegle, pagnotta di origini bretoni fatta di segale al cento per cento. I passi à rebours dei Pau pugliesi (Panificatori agricoli urbani) alla scoperta dei grani antichi – più digeribili perciò più salubri, meno impattanti sul terreno agricolo e fantasmagoricamente biodiversi – non sono pose modaiole. 

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