Quando il pane era di produzione familiare, quello di ogni casa aveva il suo aroma e sapore particolare che non dipendeva tanto dalla farina, quanto dal lievito usato, per cui giustamente era denominato lievito madre e di madri ve ne erano tante quante erano le case, in ognuna delle quali questo lievito si tramandava di panificazione in panificazione, di anno in anno e talvolta anche di generazione in generazione. Ben diversa è la situazione odierna dove la gran parte del pane è prodotto con l’uniforme e standardizzato lievito di birra. La diversità dei lieviti madre è dovuta alla loro composizione microbiologica, un complesso microbiota che si è formato e che si mantiene nella sua diversità individuale attraverso molteplici e raffinati rapporti biochimici che sono già stati studiati (G. Ballarini – “Lievito madre, misterioso inganno sessuale” – Georgofili INFO , una diversità che è stata anche oggetto di precise ricerche, come quella compiuta da Elizabeth A. Landis e collaboratori (The diversity and function of sourdough starter microbiomes – eLife digest, Jan 26, 2021) che hanno studiato cinquecento lieviti madre di tutto il mondo.
Il lievito madre è costituito da lieviti, batteri dell’acido lattico e dell’acido acetico che con le loro attività producono gas, in prevalenza anidride carbonica, acidi organici ed enzimi extracellulari che determinano la velocità di lievitazione, l’aroma, il sapore, la consistenza, la stabilità, la conservabilità nel tempo e il valore nutrizionale e extranutrizionale del pane. La produzione casalinga del pane con lievito madre o naturale è una pratica antica e storicamente importante, che ha visto una rinascita culturale durante l’attuale pandemia COVID-19.
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