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NEWS – CORONAVIRUS. I GRANDI PANIFICATORI SPIEGANO COME SONO CAMBIATI I CONSUMI DI PANE

Coronavirus. Il nostro stile di vita è cambiato

Causalità della pandemia, qualità della catastrofe”. Titola così un lucido articolo uscito nel quotidiano on line indipendente El Diario (e tradotto egregiamente da Pierluigi Sullo sul Manifesto) dove l’autore Ángel Luis Lara descrive alcune correlazioni tra allevamento e agricoltura intensivi e l’incremento di morbi sconosciuti. Secondo la sua tesi, appoggiata da alcuni biologi e scienziati, pare infatti che “l’incremento degli incidenti con virus, nel nostro secolo, così come l’aumento delle loro pericolosità, siano direttamente legati alle strategie delle corporazioni agricole e dell’allevamento, responsabili della produzione industriale intensiva di proteine animali”. Ora, su questo punto la comunità scientifica ancora non si è espressa, ma l’ipotesi di Ángel getta quanto meno le basi per una riflessione più ampia: quanto il nostro stile di vita è capace di scatenare devastazioni così drammatiche? Quanto questo periodo di clausura può essere utile per interrogarsi sui nostri automatismi e di conseguenza sul nostro stile di vita? E quanto è auspicabile il ritorno alla normalità, quando proprio la normalità ci ha condotto a quello che stiamo vivendo oggi?

La parola ai panettieri

Senza entrare troppo in discorsi filosofici – e qui il pensiero va subito al filosofo Massimo Cacciari che in un’intervista uscita nell’HuffPost dichiara senza mezzi termini di non avere nessuna voglia di far filosofia, sottolineando come “questo è proprio un vizio da intellettuali alla moda: prendere qualsiasi cosa accada nel mondo e interpretarlo come una svolta della storia; immaginare cumuli di macerie ovunque e salirci sopra per annunciare che ‘è finito questo’, ‘è finito quello’, compiacendosi di essere i primi esegeti di una svolta epocale. Per carità” – rientriamo nel nostro ambito e cerchiamo di capire come è cambiato il mercato in queste ultime settimane. Cosa comprano le persone? In che modalità fanno gli acquisti? Insomma, come stanno cambiando i consumi di cibo? Ci siamo posti queste domande interpellando i grandi macellai, ora tocca ai panettieri, che di fatto vendono il bene più di prima necessità che ci sia: il pane.

Davide Longoni consumi di pane
Davide Longoni

Come sono cambiati i consumi di pane: vanno le pagnotte più grandi

Noi fin dal primo giorno abbiamo affrontato l’emergenza come una sfida, ci siamo adattati ai vari decreti, alla distanza di sicurezza, ai dispositivi obbligatori, alla sanificazione… cercando sempre di non essere il pretesto per le persone di uscire”. Racconta Davide Longoni. Come ci siete riusciti? “Con delle piccole accortezze, per esempio il pane in tempi normali lo tagliamo, ora spingiamo il pane intero con un incentivo anche sul prezzo finale, devo dire che ha funzionato. Spero che l’abitudine di acquistare formati grandi rimanga anche dopo come tendenza”. Stesso discorso per Marco Lattanzi (Il Toscano a Corato in provincia di Bari): “Ho cambiato le pezzature, prima partivano da 250 g ora vanno da mezzo chilo in sù e il sabato, che è la giornata più impegnativa, vendiamo anche forme da 5 kg. Questo l’ho fatto pure nell’ottica di ottimizzare il lavoro per stare anch’io meno tempo fuori casa. Ad ogni modo era un passo che volevo fare da tempo”, confessa.

Marco Lattanzi consumi di pane
Marco Lattanzi

La comodità delle prenotazioni

Chi, invece, fin dall’apertura, un anno fa, ha puntato sulle grandi pezzature è Luca Lacalamita (LuLa a Trani). “In un anno ci siamo costruiti un bel bacino di clienti che ha subito appoggiato la nostra idea di puntare sulle pagnotte grandi, da due o tre chili. Per noi questo è un sistema già rodato, così come quello delle prenotazioni: lavoriamo con delle liste broadcast su Whatsapp e Telegram che ci consentono di mantenere per quanto possibile un contatto diretto con i clienti”. Non solo, tramite le prenotazioni si minimizzano gli sprechi e si ottimizzano le ore di lavoro.

Le prenotazioni consentono di ottimizzare il tempo

Sul fronte prenotazioni, e la comodità di lavorare su prenotazione, concordano anche Marco Lattanzi e Lorenza Roiati (L’Assalto ai Forni di Ascoli Piceno). “Noi abbiamo sempre spinto le persone a prenotarlo”, ci racconta Marco, “quindi erano già nell’ottica del solo ritiro del prodotto. Poi con le prenotazioni organizzi meglio il lavoro, soprattutto in un periodo come questo in cui l’inflazione del fatturato – noi siamo nell’ordine del 60% di scontrini in meno – ci ha obbligato a diminuire i dipendenti, ovviamente lo abbiamo fatto in accordo con loro, mettendoli in ferie, e con la promessa di farli rientrare a tempo pieno non appena si sistemino le cose”.

Assalto ai forni consumi di pane
Pane d’assalto (pane casereccio) de L’Assalto ai forni

Spingere le prenotazioni per organizzare meglio il lavoro è l’intento anche di Lorenza, ma per un motivo leggermente diverso: “Il tirocinante che lavorava da noi non può più venire (questo punto è a discrezione delle Regioni dato che il tirocinio non si configura come un rapporto di lavoro ma è un periodo di orientamento al lavoro e di formazione, ndr) così ci siamo trovati solo in due a gestire tutto il lavoro. Le prenotazioni ci consentono di lavorare solo tre giorni a settimana e di fare le consegne a domicilio, anche perché rimanere aperti per aspettare le persone, in questa situazione, non aveva granché senso”.

Come sono cambiati i consumi: meno pizza, più pane

Così come, secondo Lorenza, non ha granché senso proporre un ventaglio ampio di prodotti: “Di base la proposta è rimasta la stessa, quel che è cambiato è l’atteggiamento delle persone che comprano più pane per volta, ma io ho accorpato i pani speciali solo in alcuni giorni e propongo solo due tipologie di pizza, la bianca e la rossa. La scelta è stata dettata principalmente dal buon senso, per evitare che le persone stessero troppo tempo di fronte al banco per scegliere la tipologia di pizza. Poi volevo anche dare un segnale dei tempi, che di fatto sono cambiati”.

consumi di pane Adriano Del Mastro
Il pane di Adriano Del Mastro

Meno varietà per alcuni panettieri

Ed effettivamente in alcune realtà sono gli stessi clienti a non volere troppe varietà, come quelli di Lattanzi che, per esempio, ci dice che in questo periodo non sono per nulla attratti dai pani fatti con vecchi grani. “Mi sono dato una spiegazione abbastanza logistica, forse questa tipologia di pani era ricercata dai clienti che venivano da fuori, disposti a farsi anche una ventina di chilometri per venire da noi. Ora non lo possono più fare. Ma io domani ci riprovo con il frassineto, vediamo come va!”. Anche la clientela di Adriano Del Mastro (Forno Del Mastro a Monza), abituata alle grandi pezzature, in questo periodo è poco incline a comprare i suoi pani speciali. “La linea di pane casereccio, che proponiamo a 5 euro al chilo, è quella che stiamo vedendo di più in assoluto, e abbiamo deciso di eliminare le linee speciali perché le persone non le comprano. L’unico dato positivo è che a Monza si compra più pane e si spreca meno, in molti mi dicono di non aver buttato via nulla, mi auguro che questo atteggiamento duri anche dopo”. In molti pare si siano messi anche a fare il pangrattato con gli avanzi rinsecchiti.

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