Nella prefazione al manuale Il mondo del pane, pubblicato da Slow Food, Massimo Montanari ripercorre la storia del pane, tra gli alimenti più antichi che conosciamo e che ha più volte incrociato la storia delle religioni. Come ben sa chiunque reciti il Padre nostro, la preghiera chiave dei cristiani cattolici. «Le parole “dacci oggi il nostro pane quotidiano” non sono un abbandono alla provvidenza divina – racconta Montanari -. Ciò che si implora non è la manna, è il pane. La manna scende dal cielo, il pane si costruisce col lavoro. Tanto lavoro».
Forse è per questo che il pane, in Italia e nel mondo, in barba alle mode del momento in fatto di diete, non ha mai conosciuto una vera crisi. Anche perché, se fatto bene, è nutriente ma non costoso, e la maggior parte dei panificatori dei Paesi più diversi hanno saputo partire dalla tradizione, mantenendo i tipi di pane più conosciuti, aggiungendo nuove varietà, magari mutuate da culture alimentari diverse.
Il caso di Milano
Come accade da molti anni in altri campi – moda e design in primis – Milano si è prestata, forse per sua stessa natura di capitale europea de facto, a esperimenti dei format retail, oltre che nell’offerta di nuovi prodotti. A Milano e poi in molte altre città della Lombardia, sono nate diverse catene di panetterie, quasi sempre arricchite da un bar-caffetteria, vista l’affinità tra panificazione e pasticceria. Ci sono inoltre panetterie che offrono menù per pranzi veloci e hanno posti a sedere – perfetti per le sempre più brevi pause pranzo dei milanesi – e non mancano le panetterie “etniche”.
In Europa, sono Italia, Francia e Germania ad avere tipi di pane fortemente identificativi della cultura nazionale e nel nostro Paese potremmo addirittura dire che ogni regione ha le sue specialità. AMilano – ci vorrebbe uno storico del pane per spiegare esattamente come sia successo – è purtroppo di fatto sparita la michetta, ma sono comparsi tantissimi altri tipi di pane.
Alimento-simbolo
Tornando all’excursus di Massimo Montanari, si comprende come il pane sia solo apparentemente un alimento semplice e “naturale”. Il primo passo è coltivare la terra. Seguono tante altre fasi: seminare il grano, attendere che cresca, raccoglierlo. Batterlo, trebbiarlo. Preparare un luogo asciutto e fresco per conservare il chicco, poi macinarlo, una volta a mano, poi nei mulini, oggi da macchine. A seguire occorre stivare la farina, impastarla con l’acqua, farla lievitare. Solo allora si può mettere in forno e la scelta di temperatura, teglie e della posizione all’interno dei forni è una delle arti che i panettieri imparano col tempo.
I numeri del settore
Dolci e pane sono un settore che in Lombardia è composto da 5mila imprese (2mila nella sola Milano), su un totale di 40mila in tutta Italia. Il panettone e altri dolci tipici delle feste (basti pensare alla colomba e alle uova di Pasqua) sono tra i prodotti di punta in alcuni periodi dell’anno e molte esercizi, grazie a internet e all’e-commerce, spediscono sempre di più all’estero. Ma dell’offerta delle 5mila imprese lombarde, accanto a produzione di prodotti di panetteria e pasticceria fresca, fanno parte anche il commercio all’ingrosso di zucchero, cioccolato e di dolciumi e prodotti da forno e il commercio al dettaglio di torte, dolciumi e confetteria in esercizi specializzati.
Occupazione in crescita
Secondo i dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, al terzo trimestre 2019 – ultimi dati disponibili – le 5mila imprese attive nel settore dolciario tra produzione, commercio all’ingrosso e dettaglio, danno lavoro in Lombardia a oltre 25 mila persone, con una crescita del 9,8% in cinque anni. A livello nazionale, le 40.483 imprese attive nella produzione e commercio di prodotti da forno, occupano circa 167mila addetti, con una crescita (+9%) negli ultimi cinque anni, molto simile a quella della Lombardia.