Si chiamano Panificatori Agricoli Urbani e il loro credo è la lievitazione naturale, quella lenta con la pasta madre, che dà un pane buono per una settimana e fa sì che non debbano impastare di notte. Insieme, stanno riscrivendo le regole a partire da una domanda: “Il pane è o non è un prodotto agricolo?”. Se l’è posta per primo Davide Longoni, che dopo esser cresciuto nel forno dei genitori, a Carate Brianza, si è messo a fare il pane nel 2003, a quasi trent’anni, dopo una laurea in Lettere, un master in comunicazione digitale e un lavoro all’agenzia Magnum-Contrasto. “Mi resi conto che le farine venivano descritte per le loro caratteristiche tecniche, che non avevano una storia. Era impossibile ricostruire una filiera del pane, e allora ho iniziato a farlo, con Eugenio Pol, del forno Vulaiga di Fobello, nel vercellese”.

Di pane agricolo Longoni inizia a parlare nel 2006, con il progetto Spiga&Madia, una filiera corta che coinvolge i gruppi d’acquisto solidali (Gas) della Brianza: un agricoltore coltiva i cereali, che vengono macinati, stoccati e panificati da Davide. Nel 2013 il suo progetto sbarca a Milano, dove oggi è presente con due punti vendita, in via Tiraboschi 19 (zona Porta Romana) e al Mercato del Suffragio. E in un raggio di tre chilometri si trovano dodici ettari di terreni agricoli, su cui sono coltivati segale e, dal 2019, farro. “Nel 2018 abbiamo raccolto 180 quintali di segale, che rappresenta il 5 per cento di tutto il cereale panificato” racconta.
Chi parla di pane agricolo, però, non deve necessariamente coltivare in proprio le varietà di grano usate. Il punto è “fare un prodotto che racconti una storia di luoghi e persone, cambiare prospettiva, far capire al consumatore che la materia prima del panificatore è il cereale, non la farina” spiega Pasquale Polito. Ha meno di trent’anni, una laurea in Geografia, e nel 2015 ha aperto a Bologna il Forno Brisa. È uno tra i tanti giovani ad essersi formato nel laboratorio di Davide Longoni, per poi mettersi in proprio. Ci sono passati anche Simone Conti, che ha aperto Tilde a Castel Cerreto, una frazione di Treviglio e Aurora Zancanaro, de LePolveri a Milano, e ancora Giovanni Mineo — che ha da poco aperto Crosta, sempre a Milano — e Alfredo Sironi, che è andato fino a Berlino con il suo forno Sironi-il Pane di Milano. Tra i Panificatori Agricoli Urbani ci sono anche Andrea Perino dell’omonimo forno a Torino, Daniele Ciabattoni del Laboratorio di panificazione “Grano” ad Ascoli Piceno, Carlo Defraia di Madriga, a Cagliari. E a metà aprile apre, sempre ad Ascoli, l’Assalto ai forni, di Lorenza Roiati: lei è stata a scuola da Longoni a Milano e da Gabriele Bonci, che a Roma con il suo Pizzarium è l’altro grande formatore di questa nuova generazione di lievitisti.
“La città è fondamentale nel nostro progetto: i grandi cambiamenti nascono storicamente nelle aree urbane — sottolinea Pasquale Polito, che queste dinamiche le ha studiate all’università — . L’opportunità di distribuire il prodotto in città offre sostenibilità alle filiere agricole, che possono crescere”. Brisa, per esempio, ha coinvolto alcune aziende agricole abruzzesi, che recuperano varietà tradizionali con il grano Solina e producono il 35 per cento dei cereali panificati nel laboratorio di via Galliera, a Bologna.
Le città permettono anche di sperimentare nuovi formati di negozio, come suggerisce Matteo Piffer, che nel 2017 ha aperto il primo locale a Trento del Panificio Moderno di famiglia, fino a quel momento presente solo a Rovereto ed Isera: “Alla vendita del pane associa una caffetteria e la cucina con materie prima di qualità, scelte con gli stessi criteri che ci guidano sui cereali, e alcune etichette di vino naturale”. Nell’Italia che consuma ormai 80 grammi di pane pro capite al giorno, spesso acquistato la sera, dopo una giornata di lavoro, il nuovo panificio ha più chance di attirare nuovi clienti. Curiosi che guardando oltre il bancone fanno un giro d’Italia, scoprendo che non c’è più il pane ma i pani, frutto di varietà locali di grano duro e tenero, che possono essere lavorati in purezza o meno. La pasta madre, poi, offre ai giovani la possibilità di coniugare il lavoro nel forno con la vita privata: non serve lavorare di notte. S’inforna al mattino, dopo aver lasciato le forme a crescere tutta la notte. Aurora Zancanaro lo spiega sul sito de LePolveri: “Tutto il pane è impastato nel pomeriggio […]. Nel tardo pomeriggio va al fresco a maturare ed è cotto il mattino successivo, per essere venduto dopo qualche ora”. Se il tuo pane è morbido per una settimana non serve davvero più puntare la sveglia alle due e mezza.
I forni del movimento (e i loro pani):
Trento, Panificio Moderno

Matteo e Ivan Piffer
Matteo Piffer (a sinistra nella foto), classe 1984, e il fratello Ivan, pochi anni più grande (nella foto con la divisa), hanno rilevato il Panificio Moderno dai genitori, che lo gestivano dal 1987. “Ricordo di aver frequentato nel 2004 il primo corso di panettone con lievito naturale, e in quegli anni le prime prove di pane, che era immangiabile” raccontano a RFood. Oggi il Panificio Moderno — che dà lavoro a 50 persone — sforna 12 tipi di pane diversi usando 7 tipologie di farine. Oltre al negozio di Trento, con caffettiera e cucina, le rivendite sono cinque, tra Rovereto ed Isera. “Quattro sono “pane latte”, rivendite di paese, che non possiamo stravolgere. Il pane a lievitazione naturale ha raggiunto il 40 per cento sul volume totale”, spiega Matteo.
PANE BALDO
Caratteristica: un pane trentino, che contiene mais e Issopo — una pianta officinale — coltivati sul Monte Baldo
Farine: grano tenero Bologna, mais (10 per cento) Prezzo: 7,20 euro/kg
Monza, Forno Del Mastro

Adriano Del Mastro e la moglie Emanuela
“Sono nato a Campo di Giove in provincia de L’Aquila, nel 1987, e dopo la scuola alberghiera tra il 2006 e il 2012 ho lavorato lì, in Appennino, con Niko Romito” racconta Adriano Del Mastro (nella foto con la moglie Emanuela). È al Reale, tre stelle Michelin, che si appassiona di panificazione, e inizia a usare cereali abruzzesi — Solina e Saragolla — e pasta madre, per poi approfondire la materia a Roma, da Gabriele Bonci, e quindi da Davide Longoni in Lombardia. A Monza ha rilevato un panificio degli anni Trenta, che dal giugno 2017 porta il suo nome “All’inizio eravamo in due, mia moglie al banco ed io in produzione. Oggi siamo in nove” spiega Adriano, che ha portato in Brianza la pizza in teglia romana. In magazzino ha 8 tipologie di grano diverse.
PANE DEL MASTRO
Caratteristica: grande pezzatura (5 kg), da condividere al banco, viene venduto al taglio
Farine: grano tenero semplice Prezzo: 6 euro/kg
Bologna, Forno Brisa

La brigata del Forno Brisa
Pasquale Polito (al centro nella foto) ha una laurea in Geografia, ed è cresciuto a Nocciano, nel Pescarese, nell’agriturismo dei genitori. Studente a Bologna, si è appassionato di panificazione, quindi ha frequentato l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Lì ha incontrato Gregorio (a destra nella foto), Davide ed Enrico, compagni nell’avventura del Forno Brisa. In tre anni, da dicembre 2015, hanno aperto tre negozi Brisa dà lavoro a 29 persone, quasi tutti under 30, nel frattempo, Pasquale ha convinto il padre che la cerealicoltura poteva essere redditizia, se i campi erano convertiti al biologico e si ragionava all’interno di un progetto di filiera e di scambio: oggi le farine di Nocciano sono lavorate da Brisa, ma anche da Davide Longoni — maestro di Pasquale e Gregorio — a Milano.
NOCCIANO
Caratteristica: rustico, proviene al 100% dalla filiera abruzzese di Brisa, dal campo all’asfalto
Farine: miscuglio di frumenti teneri, coltivati da 5 anni Prezzo: 6,50 euro/kg
Catania, Biancuccia

A Catania il forno è multietnico
Valeria Messina (nella foto al centro, senza pane) ha 45 anni, e per una dozzina ha lavorato come avvocato, da libera professionista e nello studio legale di un’azienda. Dopo aver iniziato a panificare a casa, usando farine locali e bio, e pasta madre, “per le mie figlie” spiega, il 4 marzo 2018 ha aperto nel capoluogo etneo il forno Biancuccia. Ci lavorano in cinque, compresa la borsa lavoro di un rifugiato accolto nel sistema di protezione per richiedenti asilo. Il nome del forno è un omaggio alla nonna del marito, Bianca, che è stata direttrice della Stazione sperimentale di Granicoltura per la Sicilia. Il grano duro Biancuccia è una delle varietà siciliane usate per la panificazione, insieme al Perciasacchi, al Timilia e al Russello, Maiorca, che sono grani teneri.
NERO DI CASTELVETRANO
Caratteristica: pagnotta rotonda, crosta dura e color caffè. È anche un presidio Slow Food
Farine: Timilia e Biancuccia Prezzo: 5,50 euro/kg