Notizie

L’intramontabile fascino della bruschetta (non solo al pomodoro)

Impossibile stabilire le origini della bruschetta. Persino sul nome non ci sono certezze, probabilmente deriva dal «bruscare», ossia bruciacchiare’ che è una parola del dialetto laziale-abruzzese, anche se gli storici della cucina ritengono sia nata in Campania, come spuntino per i lavoratori dei campi: il fatto che il pomodoro sia ingrediente principale e la regione ne esprima decine di tipologie dà peso all’ipotesi. Ma è altresì vero che la Toscana – nella zona intorno a Firenze – ha elevato la «fett’unta»  – una fetta di pane toscano «sciocco» -quello senza sale – condito con aglio, olio, sale e pepe – a una semplicità assoluta che potrebbe risalire all’epoca precedente l’arrivo del pomodoro in Italia, a fine del XVI secolo. 

Comunque sia, la bruschetta è un patrimonio italiano, diffuso in tutte le regioni del Sud e in quello del Centro. Al Nord, una curiosa eccezione è data dalla Sòma d’aj («carico d’aglio») che consiste in una fetta di pane abbrustolita su cui viene strofinato uno spicchio d’aglio e bagnata da un filo d’olio: la tradizione (langarola e monferrina) vuole che si debba gustare insieme a un grappolo d’uva.

Ma torniamo alla Toscana dove è parte della cultura gastronomica. E della socialità, come spiega Francesco Bracali – maremmano doc e cuoco raffinato – che guida l’omonimo ristorante a Massa Marittima, uno dei bistellati della regione. «Quando penso alla bruschetta, subito mi viene in mente la memoria del gesto e la presenza di due elementi che sono anche religiosi, il pane e l’olio. C’è manualità, ritualità, convivialità. Per noi toscani, la bruschetta segna anche il momento gioioso della frangitura, quando finalmente puoi assaggiare l’olio nuovo: si prende una pagnotta, la si taglia a fette ed è festa grande». spiega lo chef. Già il pane: per i toscani deve essere sciocco, senza sale. «E un po’ grezzo, con farine autentiche e non troppo ‘pulite’ come dico io. Molto idratato ma non acido. Va benissimo se vecchio di due-tre giorni: lo si scalda rapidamente su un griglia, oppure su una normale padella di ferro».

Quanto all’olio, de gustibus. E Bracali ha le sue idee, come tutti in Toscana. «Intanto deve essere monocultivar, non amo i blend per gusto personale e tipo di cucina. Per la bruschetta mi sembra ideale il Seggiano DOP che si ricava dall’Olivastra Seggianese, in alcuni comuni che si trovano ai piedi del Monte Amiata. E’ un olio elegante, preciso» dice. E il pomodoro? «Sono cresciuto, facendo colazione nell’orto a dieci anni con pane, olio e pomodoro. Per la bruschetta, l’importante è sceglierlo polposo, maturo, non troppo ricco di semi e con poca acidità: questo al di là della varietà che può essere a grappolo, San Marzano o datterino giallo». Già che ci siamo, per i gourmet il passaggio da bruschetta a crostino è immediato. In Toscana poi quello con i fegatini è top, una prelibatezza storica. Ma attenzione: c’è quello borghese e quello del popolo come spiega lo chef. «Il paté con i fegatini, praticamente da spalmare, è raffinato ma quello vero si prepara bagnando il crostino bruciato sui lati con il brodo della gallina da cui si prendono i fegatini che – tagliati grossolanamente – vengono posti sul pane». Uno spettacolo, insomma, ma è noto che le frattaglie di carne non sono per tutti. Mentre la bruschetta al pomodoro è intramontabile, ecco la ricetta.

La ricetta della bruschetta al pomodoro

4 fette di pane toscano
4 pomodori ramati
aglio
basilico
olio extravergine di oliva
sale
pepe nero

Preparazione: Incidete i pomodori con due taglietti, formando una X, scottateli in acqua bollente per 30 secondi circa, scolateli e fateli raffreddare. Privateli della buccia e tagliateli in quattro spicchi, eliminando i semi. Riducete gli spicchi di pomodoro in cubetti, riuniteli in una terrina con uno spicchio di aglio tritato, foglie di basilico spezzettate a mano, un pizzico di origano, un pizzico di sale, pepe nero a piacere e un filo di ottimo olio. Mescolate bene gli ingredienti e lasciate insaporire per qualche minuto. Abbrustolite leggermente il pane sulla griglia, in forno o in padella, per renderlo croccante, poi distribuitevi sopra il condimento di pomodori e servite.

Il senso del pane raffermo

Evidente che l’utilizzo del pane avanzato sia frutto dell’origine povera e di campagna della bruschetta. In tal modo si evita di eliminarlo e la rinnovata fragranza, diventa perfetta per uno stuzzichino sfizioso. In Toscana, la fett’unta non richiede neppure il pomodoro ma solo un filo di extravergine, sale e una leggera passata di aglio.

Leggi l’articolo completo su Vanityfair.it

Back to list

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *