Notizie, REDAZIONE

La ricetta delle zeppole di San Giuseppe: tutta la dolcezza della Festa del Papà

Il maestro pasticcere di Scaturchio racconta trucchi e segreti per riproporre uno dei dessert più famosi della tradizione napoletana

Ogni festa è fatta per mettersi a tavola, ogni ricorrenza ha il suo piatto tipico, dolce o salato che sia. In alcuni casi, le ricette diventano dei veri e propri must, quasi delle leggende gastronomiche. Come nel caso della Festa del Papà a Napoli, quel 19 marzo che tra Carnevale – con le chiacchiere – e Pasqua – il regno assoluto e indiscusso della Pastiera – viene onorato con la Zeppola di San Giuseppe. Un giro di pasta fritto, dorato e profumato, guarnito con crema e amarene.

Una delizia che, come racconta Giacomo Cautiello, capo pasticciere di Scaturchio, storica pasticceria partenopea, “è nata molti secoli fa come tante altre ricette che oggi sono per noi dei classici. Inizialmente solo le monache si potevano permettere il lusso di questi dolci e dei loro ingredienti”. Farina, strutto ” e delle roselline di pasta fritte che “inizialmente erano spolverate solo con lo zucchero. Prima ancora, quando non c’era la disponibilità dello zucchero, il miele. La crema non sapevamo, all’epoca, cosa fosse”. Corsi e ricorsi di dolci contaminazioni, “quelle normali e naturali in una città che come Napoli ha subito più di una dominazione e molteplici influenze”, come quella della cucina francese il cui matrimonio con Partenope ha regalato molte ricette. “Tra cui la crema, che è diventata grazie all’estro di qualche pasticciere nostrano (le vere origini sono, in fondo, leggende, ndr) la corona perfetta.

La ricetta delle zeppole di San Giuseppe: tutta la dolcezza della Festa del Papà

“Noi nella settimana precedente San Giuseppe, in cui tradizionalmente a Napoli si consuma questo dolce, ci attrezziamo. Prendiamo almeno 100 litri di latte al giorno, per fronteggiare il grande volume di produzione che ci aspetta solitamente, dati i nostri vari punti vendita. Molti in più rispetto al solito”. Una vera tradizione per Napoli, che precedentemente era strettamente legata alla festa, come ricorda il maestro pasticciere, “era un consumo strettamente legato al 19 marzo, o a pochi giorni prima. Oggi, complice anche il maggiore flusso di turismo che abbiamo in città, cominciamo prima. Solitamente, già nel periodo di carnevale”. Ma in un periodo in cui i dolci, a partire dal panettone, sono sempre più destagionalizzati, “le nostre zeppole si possono trovare anche in altri periodi dell’anno. Con una differenza: si trovano solo quelle al forno, che sono come dei bignè, e richiedono una preparazione più semplice”.

Quali sono le vere difficoltà nella preparazione di questo dolce? “I passaggi in cottura e lievitazione. Ingredienti e dosi sono praticamente quelli che” una massaia o una pasticciera, “userebbero per i bignè. Ma con delle differenze nella preparazione, soprattutto se si vuole essere puntigliosi e avere la struttura piena e saporita di questo dolce”.

1. “Il primo passaggio prevede l’amalgamare Farina, acqua e strutto. Noi utilizziamo lo strutto perché seguiamo l’antica ricetta partenopea”. Le dosi sono, per circa 60 zeppole: 1,5 kg di farina, 20 uova e poco più di un litro d’acqua. “Non è difficile, è solo faticoso, perché sul fuoco vanno amalgamati in una pentola e cotti insieme i tre ingredienti, quindi la parte farinosa, quella liquida e quella grassa. Vanno lavorati fino a che non si ha la consistenza quasi di una grossa mollica, che in gergo viene chiamata Cottoncino“.

2. “Una volta raffreddato il composto, va incorporato lentamente con le uova”. Per le dosi di cui parlavamo prima, sono circa una ventina di uova per sessanta zeppole. “Alla fine di questo procedimento, stando attenti a non smontare il tutto, si dovrebbe avere una consistenza elastica e ben umida. Che andrà messa in un sac à poche, rigorosamente con la bocchetta riccia”.

3. “Per quanto riguarda la cottura, così come per la presenza dello strutto, noi seguiamo le antiche usanze napoletane. Ovvero, il nostro impasto viene sottoposto a una doppia cottura. Ci sono due padelle, una con una temperatura più fredda e un’altra più alta. Nella prima” leggermente al di sotto del classico punto di frittura “l’impasto si espande, e invece nel secondo completa la frittura, si cuoce e prende sapore e doratura”. Un passaggio fondamentale per evitare che il dolce venga eccessivamente pieno di olio o troppo pesante.

4. Una volta fritta e alzata la zeppola va deposta su una teglia, preferibilmente con carta da forno alla base, dove viene fatta raffreddare. “Bollente com’è appena la togliamo dall’olio, è impossibile guarnirla immediatamente, si deve aspettare che diventi più fredda”.

5. “Per la guarnizione, il primo passaggio e necessario è quello della spolverata di zucchero a velo, che è poi la vera tradizione della zeppola. Ancora più antica dell’aggiunta di crema e amarena”.

6. “Una volta passato lo zucchero, si va poi a fare il giro di crema gialla, di crema pasticciera. Noi vi aggiungiamo un po’ di amido per renderla più lucida e un ingrediente segreto. E’ comunque fondamentale che abbia la consistenza e la dolcezza classica a cui siamo abituati, perché solo così può fare da giusto contraltare allo spessore e al sapore della pasta fritta”.

7. La ciliegina sulla torta, “ma attenzione che sia un’amarena e non una ciliegia. Questo ultimo passaggio è in realtà importantissimo, perché solo l’amarena ha il sapore giusto, con lieve retrogusto amaro, che permetterà alla zeppola di non essere stucchevole. Noi ne usiamo quattro chicchi. L’importante è che non siano eccessivamente sciroppate, altrimenti rompiamo il giro di crema”.

8. La temperatura perfetta? “Tiepida. Se è tiepida è perfetta”.

FONTE: https://www.repubblica.it/

Back to list