In direzione «ostinata e contraria», canterebbe Fabrizio De André. Mentre forni, impastatrici, lievitatrici e laminatoi partono da Milano alla volta dell’Etiopia, due ragazzi di quella terra, Tweodros e Abiy, poco più che ventenni, sono arrivati qui. Per studiare. E hanno appena cominciato ad andare a scuola. Materia: il pane. Obiettivo: in tre mesi, imparare a infornare e diventare un po’ imprenditori. Hanno una grande responsabilità: dovranno gestire un panificio sperimentale che sorgerà a Dire Dawa. Il primo mattone di uno stabilimento che comprenderà laboratori e negozi e avrà una capacità produttiva di trecento tonnellate, servendo tutti i villaggi nella zona rurale circostante. «La carenza di cibo in Etiopia è gravissima anche per la continua inflazione che ha portato il grano e la farina a costi proibitivi», racconta monsignor Angelo Pagano, vescovo di Harar, della onlus Missioni estere Frati Cappuccini che coordina il progetto co-finanziato dalla famiglia milanese Marinoni.

Il 25 luglio scade il visto e i due torneranno in Etiopia accompagnati da uno dei loro docenti. Insieme a lui imposteranno il lavoro per il panificio. «Nello stabilimento finale, poi, troverà occupazione personale locale e i profitti sosterranno scuole, ambulatori e orfanatrofi dell’area — spiega ancora il monsignore —. Il divario tra domanda e offerta di pane sul territorio di Dire Dawa è enorme».
Abiy, 23 anni, è rimasto orfano da piccolo e sostenuto negli anni dall’adozione a distanza; ma senza l’aiuto di Milano non ce l’avrebbe fatta neanche Twedros, 24, che pure ha mamma e sorella. I due si sono conosciuti poco tempo fa, hanno entrambi conquistato la fiducia dei Cappuccini. Condurranno insieme l’attività e saranno presenti all’evento che si conclude oggi e per una settimana ha portato in piazza Duomo, nell’ambito di Food city, 80 panificatori italiani volontari. Si venderanno delicatezze impastate e cotte al momento, e il ricavato andrà al progetto di Dire Dawa, il «loro» progetto.
«È tutto pronto. Facciamo appello al tradizionale buon cuore dei cittadini e della imprenditoria lombarda perché ci diano il loro sostegno: mai come oggi è indispensabile aiutare i Paesi in difficoltà a trovare al loro interno le risorse creando lavoro in loco». Cesare Marinoni, figura chiave della manifestazione, è il figlio del mitico e indimenticabile presidente dei panificatori milanesi negli anni 80, Antonio, e sta contribuendo, insieme ai Missionari Cappuccini, ad attrezzare il panificio: in estate la startup comincerà l’attività, in stretta connessione con gli imprenditori e i cittadini lombardi.
A sentire i due ragazzi, la possibilità di un insuccesso non esiste: «Ci aspettano, giù al Paese. Gli amici ci hanno soprannominato Fortuna. In realtà, dovrebbero chiamarci Lavoro. Ci stiamo impegnando tantissimo, sentiamo forte e chiara la responsabilità. Grazie Milano».
FONTE: https://milano.corriere.it