Eliminare il glutine dalla propria dieta è una tendenza che si è diffusa anche in Italia negli ultimi anni, dopo il grande boom degli USA delle diete gluten-free. Ma è una scelta sana o nasconde piuttosto gli interessi delle aziende del gluten-free? Una piccola anticipazione: diversi indizi fanno presumere che la seconda ipotesi abbia un peso notevole, probabilmente preponderante, nel vertiginoso aumento di diagnosi di presunta intolleranza degli ultimi anni. Questo articolo mira a dettagliare i dati e le informazioni certe a nostra conoscenza, quindi procediamo con ordine.
Cos’è il glutine?
Il glutine è un complesso proteico presente in vari cereali come il frumento, l’orzo o la segale: niente di straordinario quindi, solo una proteina naturale come quelle delle uova o della carne, solo che proviene da un cibo del regno vegetale anziché del regno animale. Ma allora come mai si punta il dito contro questa sostanza?
L’ADI – Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – sostiene che negli ultimi anni si è verificato un incremento delle diagnosi della Intolleranza al Glutine Non Celiaca (Non-Celiac Gluten Sensitivity) e della celiachia, fino a 5 volte soprattutto nei bambini, dovuto anche al miglioramento delle tecniche di accertamento per riconoscere questi disturbi.
Il glutine è sempre più difficile da digerire?
Numerose sono le ragioni del perché il glutine sia diventato sempre più difficile da digerire. Tra queste possiamo ricordare:
- La modificazione del patrimonio genetico dei cereali attraverso tecniche di ibridazione o attraverso radiazioni ionizzanti (dalla metà degli anni 70 del 1900).
- L’utilizzo eccessivo di glutine nelle industrie come additivo o come riempitivo per gli impasti, per conferire maggiore elasticità e rendere gli impasti più facili da lavorare.
- La mancanza di adeguate preparazione degli impasti, come da tradizione con lievitazione lenta di almeno 12-24 ore.
- Il massiccio utilizzo di pesticidi durante la coltivazione del grano o in fase di post-raccolta per far seccare e maturare il grano nei campi (tipico delle coltivazioni in Canada e USA).
- Le modifiche della flora batterica intestinale dovuta ad un eccessivo utilizzo di antibiotici, conservanti, emulsionanti, edulcoranti e additivi nei Paesi occidentali.
- La scarsa assunzione di fibra solubile con la dieta moderna.
La difficoltà nella gestione del glutine viene aumentata ulteriormente dall’aggiunta alle farine dei cosiddetti “miglioratori del pane” in grado di abbreviare i tempi della lievitazione e di produrre altre modifiche di tipo chimico negli impasti. Tutti questi fattori e sostanze moderne (pesticidi, additivi delle farine ecc.) rappresentano un aggravio in più per il fegato e rendono l’impasto delle farine meno digeribile per la mancata pre-digestione dell’amido e del glutine da parte dei lieviti. Infatti è la corretta lievitazione (lunga lievitazione con lievito naturale) a rendere i prodotti molto più digeribili per il nostro intestino. Sono i lieviti a digerire gran parte del glutine e dell’amido delle farine, se gli si lascia fare il loro lavoro in maniera naturale senza alterazioni tecnologiche e industriali.
È quindi preferibile acquistare prodotti a base di grano fatti con farine poco raffinate e con grani antichi, dove il contenuto di glutine è ridotto rispetto ai grani moderni ibridati e migliorati dall’industria al fine di aumentarne la resa per ettaro sui campi. E possibilmente optare per le versioni biologiche di tali prodotti.
Tutti sensibili al glutine, dunque? Certamente no. Quel che è certo, tuttavia, è che lo stato infiammatorio dell’intestino, connaturato a questa particolare proteina del frumento, si sta dimostrando sempre più presente nella popolazione italiana, forse anche a causa di un abuso nella nostra alimentazione di questo nutriente ormai onnipresente (pasta, pane, pizza, biscotti, crackers e panature lo contengono).
I veri problemi di digestione dell’era moderna: la lievitazione

Dopo la farina, l’altro elemento chiave che può davvero far la differenza nel nostro pane o in genere in tutti i prodotti lievitati da forno come pizza, biscotti, brioche, è il lievito. Se la lievitazione è lenta, con l’aggiunta di lievito di birra o lievito naturale, l’impasto riposerà almeno 24 ore in frigo prima di finire in forno: questo processo consentirà una pre-digestione degli amidi e del glutine da parte dei lieviti e dei batteri presenti nell’impasto, la quale faciliterà successivamente il lavoro del nostro intestino.