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Gli italiani e i cibi “senza” lattosio, lievito e glutine, anche quando l’intolleranza non c’è. Colloquio con Enzo Spisni

Da qualche anno i cibi senza glutine, lattosio o altri nutrienti sono sempre più presenti sui banchi della grande distribuzione. Un’opportunità in più per chi è costretto a eliminare questi prodotti dalla propria dieta, ma i consumi in crescita e la varietà dell’offerta mostrano chiaramente che l’interesse dei consumatori va molto oltre le esigenze mediche. Un dato confermato da una ricerca Eurispes, in cui si mostra come siano sempre di più gli italiani che scelgono questo tipo di prodotti anche senza una precisa indicazione.

In particolare, quasi un quinto del campione (19,3%) dichiara di acquistare alimenti privi di glutine, mentre solo al 6,4% è stata diagnosticata un’intolleranza a queste proteine. Anche i prodotti senza lievito sono acquistati dal 18,6% dei partecipanti, mentre la percentuale di intolleranti non supera il 5%. E a scegliere prodotti senza lattosio è più di un quarto degli intervistati (26%), ma solo l’8,5% lo fa avendo ricevuto una diagnosi di intolleranza. Sono quindi molti gli italiani – in maggioranza donne – che usano alimenti speciali senza avere avuto indicazioni in questo senso dal proprio medico o da uno specialista. “Una volta sceglievamo gli alimenti per quello che contenevano – e c’erano la pastina glutinata arricchita col glutine, o il lievito di birra fresco come integratore – adesso guardiamo a quello che non contengono” osserva Enzo Spisni, docente di Fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna cui abbiamo chiesto di valutare questi dati. Forse a spingere i consumatori è la paura di ingrassare, o il desiderio di risolvere patologie gastrointestinali che sono in forte aumento e di cui spesso non è facile individuare la causa: “Spesso eliminando alcuni alimenti si finisce col mangiare meno e ci si sente meglio, ma non vuol dire che il problema sia il glutine o il lattosio”, osserva Spisni. 

Cosa spinge un italiano su quattro a scegliere alimenti senza lattosio, e quali possono essere le conseguenze? “In realtà l’intolleranza genetica al lattosio è molto diffusa, e riguarda quasi una metà della popolazione italiana”, spiega Spisni, “ma ci sono vari gradi di intolleranza e la maggior parte delle persone può consumare senza problemi una normale quantità di latte”. Senza contare che molti latticini, come i formaggi fermentati o lo yogurt – purché sia vero yogurt – contengono piccole o piccolissime quantità di lattosio. “Ovviamente”, ricorda il docente “l’intolleranza, causata dalla carenza dell’enzima che permette di digerire il lattosio, non deve essere confusa con l’allergia alle proteine del latte”, un disturbo meno frequente che coinvolge il sistema immunitario con possibili conseguenze anche gravi. Chi è realmente intollerante può comunque consumare derivati del latte, il ricorso ad alimenti delattosati non presenta particolari problemi, “se non quello”, osserva Spisni “di spingerci a consumare alimenti artificiali ricchi di eccipienti”.

Un problema che riguarda anche chi consuma alimenti gluten free: “È possibile fare una dieta equilibrata a base di prodotti naturalmente privi di glutine, ispirandosi alle tradizioni alimentari come l’India o l’estremo Oriente dove i cereali contenenti glutine sono assai poco utilizzati” osserva Spisni. Il problema nasce quando si sceglie una dieta fai da te basata su sostituti privi di glutine degli alimenti tradizionali come pane basta o biscotti. Il rischio è quello di avere un’alimentazione sbilanciata e carente di micronutrienti, “ma soprattutto”, prosegue Spisni “di consumare troppi alimenti di produzione industriale, ricchi di additivi che possono provocare squilibri al microbiota intestinale”. Senza dimenticare che togliere il glutine dalla dieta senza motivo rende in prospettiva più difficile diagnosticare una celiachia, la quale può manifestarsi in qualunque fase della vita, anche in persone adulte o anziane che fino a quel momento avevano consumato glutine senza problemi. A rendere la questione ancor più complessa c’è poi quell’insieme di disturbi che va sotto il nome di sensibilità al glutine non celiaca, “la cui esistenza sembra essere confermata dalla comunità scientifica”, osserva Spisni, “anche se al momento non esistono biomarcatori che consentano di fare una diagnosi certa”. Uno dei fattori che spiega forse perché tanti provino a eliminare il glutine nella speranza di risolvere i loro problemi digestivi.

Uncooked gluten free pasta from blend of corn and rice flour
Gli italiani scelgono sempre di più cibi senza glutine, lattosio e lievito, anche in assenza di una diagnosi di intolleranza o celiachia

Altrettanto complesso il problema dell’intolleranza al lievito .“In questo caso la vera e propria allergia ha percentuali bassissime, mentre la sensibilità ai lieviti non è diagnosticabile, non esistono test validati che possano confermarla”, osserva Spisni. Probabilmente, chi si sente meglio eliminando i lieviti ha semplicemente corretto una dieta troppo ricca di carboidrati. “In qualche caso poi il problema dipende dal fatto che consumiamo prodotti, pane o specialmente pizza, che hanno subito una lievitazione troppo breve e quindi rendono difficoltosa la digestione producendo sgradevoli sensazioni di gonfiore, appesantimento e anche sete”, osserva Spisni. “Tra l’altro i lieviti usati per produrre la cosiddetta pasta madre sono molto simili a quelli contenuti nello yogurt, e dovrebbero semmai avere un effetto benefico sull’apparato digerente”. E in conclusione? “Il problema reale della nostra dieta è che mangiamo troppo frequentemente alcuni alimenti”, conclude Spisni: “troppa carne, troppi latticini e troppi carboidrati: una dieta più ricca di frutta e verdura basterebbe a risolvere molti dei nostri problemi”.

FONTE: https://ilfattoalimentare.it

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