Di solito funziona così, che si studia si ottiene un titolo e si fa quella professione per una vita. Poi – delle volte – quando sembra che tutto sia finito, il nastro «si riavvolge» ed è come ripartire tutto daccapo, magari facendo tutt’altro mestiere. Ecco Amedeo Di Segni, laziale di Aprilia, prima si è laureato, poi è diventato Avvocato penalista (e pure importante, un «Principe del Foro» come si dice…) e alla fine, invece di godersi i nipoti e la meritata pensione, ha deciso di ripartire da zero, mettendosi a studiare di nuovo per dar sfogo alle proprie passioni. «Proprio da zero no» – ci corregge – «in realtà già avevo fatto il pizzaiolo per mantenermi all’università. Ma la pizza è ben diversa dalla PINSA e questo l’ho imparato molto dopo, quando sono entrato quasi per caso in una pinseria, appunto». [continua dopo la foto]
«Non sono tipo da mezze misure, io» – continua – «ho frequentato un corso per realizzarla professionalmente presso il primo ideatore di Pinsa Romana d’Italia, a Guidonia, e a seguire ho acquistato vari macchinari tecnici di buon livello per produrla direttamente in casa. L’ho studiata bene la Pinsa, in tutti i suoi dettagli, come facevo con i processi penali quando ero in tribunale, e mi sono perfezionato. Sono sbarcato sul web con blog e video tutorial e poi siccome non potevo certo metter su un ristorante, ho sfruttato la mia casa a due piani per aprire una scuola e trasmettere alle nuove leve tutto quello che so, con grande entusiasmo». E quello non manca di certo, lo sentiamo subito dal timbro della voce che pare quello di un giovanotto innamorato del suo primo mestiere. [continua dopo le foto]
«Allora, sfatiamo subito un mito, oppure – come si dice adesso – smascheriamo una fake news: la Pinsa Romana mica l’hanno inventata gli antichi Romani, eh? All’epoca non c’era la farina di riso, la soia e manco sapevano cosa fossero le tecniche del freddo: quindi era impossibile realizzarla 2000 anni fa. Possiamo dire che La Pinsa è il perfetto matrimonio tra la tradizionale pizza soffice napoletana – a base alta – e quella della scuola romana un po’più secca e bassa. Poi utilizzando mix specifici, impastatrice a spirale e forno a legna (non semplice da gestire, in verità…) esce un prodotto fantastico, croccante in superficie e morbido all’interno». Ok, ma la parola Pinsa, allora? «Pensate un po’…» – dice Amedeo Di Segni con il tono di chi sta per rivelare un segreto importantissimo – «Quando Enea dopo aver fondato la “città eterna” si spostò in Medio Oriente, notò che alcuni popoli erano soliti adagiare il cibo su un pane tondo chiamato Pita, più morbido e lievitato delle durissime focacce utilizzate a Roma come piatti (mense). Noterete che le parole pita, pizza e pinsa hanno tutte la stessa etimologia…» Ok abbiamo capito. Non l’hanno inventata i Romani ma la parola ha comunque origini lontane. [continua dopo la foto]
«E proprio da lontano arrivano – talvolta – i miei allievi» – continua Amedeo Di Segni – «Una volta come regalo di compleanno una giovane signora pensò di offrire al marito il corso di Pinsa Romana presso la mia scuola ed entrambi si presentarono direttamente qui in laboratorio dopo un volo aereo! Comunque la distanza non mi spaventa, mi chiamano a fare consulenze ed insegnare in tutta Italia e perfino a Dubai. Ci vado volentieri, perché solo lavorando alla temperatura locale utilizzando le farine, l’acqua e i macchinari del posto si riesce ad offrire un affiancamento davvero personalizzato». Domanda finale: ma se non avesse fatto l’Avvocato e a seguire il Maestro di Pinsa (sono pochissimi in Italia, 40 poco più…) cosa avrebbe voluto diventare Amedeo Di Segni? «Be’ in parte già lo sono. Un esperto professionista di modellismo dinamico!» Pensiamo di non aver capito. «Realizzo grandi modelli di aereo, quelli col motore a scoppio, che volano e si pilotano da terra. E’ la mia passione. Perché far la Pinsa Romana mi diverte tanto, ma è un lavoro serio, un po’ come l’Avvocato!» [continua dopo la foto]
Alfredo Falcone