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Crodo, la ricetta dell’antico pane walser scoperta nei libri di storia

Segale, grano saraceno, frumento, lievito madre, patate e miele: erano tutte materie prime che nei borghi walser non mancavano nelle dispense dei contadini, oggi questi ingredienti compongono il pane walser del «Forno ossolano» di Crodo. Compie dieci anni infatti la ricetta del «Walserbrot», brevettata e depositata dalla panetteria di Crodo.

È un mix di ingredienti semplici che oggi viene apprezzato in tavola come prodotto di nicchia, ma che nei secoli passati erano elementi poveri e semplici, fonte di sostentamento di molte famiglie. Una ricetta frutto delle ricerche e della raccolta delle testimonianze tramandate di generazione in generazione, quella messa a punto da Germano Meneghello, il titolare del forno.

«Ho sempre avuto un occhio di riguardo per la tradizione – confessa il panettiere alla guida di un’attività fondata dal padre Felice cinquantadue anni fa -. A volte basta guardarsi indietro e si scoprono tesori che sembravano dimenticati, come gli ingredienti del pane walser. Purtroppo non sono state tramandate ricette per iscritto, ma tutti gli ingredienti di questo cibo erano sicuramente usati dai walser, da qui il pensiero che questo potesse essere il loro pane».

Il riscontro storico Meneghello lo ha avuto consultando il trattato «Memoria sulle condizioni dell’agricoltura e della classe agricola nel circondario dell’Ossola» dell’avvocato Stefano Calpini degli Anni Sessanta del 1800, conservato nel Centro studi Piero Ginocchi di Crodo. «Il grano saraceno era coltivato sopra gli 800 metri e c’era anche la segale invernale che maturava in circa 14 mesi – spiega Meneghello -. Il frumento invece probabilmente lo recuperavano perché difficile la coltivazione in montagna sopra i mille metri. Le patate non mancavano di certo, tante le attestazioni della loro presenza» come anche messo in evidenza dal progetto di recupero delle patate di Formazza.

In quel tempo il pane veniva invece cotto una o due volte l’anno e poi conservato per mesi. «Chissà, ogni volta il pane poteva essere fatto con una preponderanza di uno o l’altro ingrediente. Era l’arte di arrangiarsi, del cercare di usare i prodotti che erano a disposizione» spiega Meneghello che a oggi produce circa 2 quintali di pane walser alla settimana, e ogni forma ha una V incisa sulla crosta.

FONTEhttp://www.lastampa.it/

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