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Corriere.torino.it – I cinque panificatori torinesi che hanno vinto l’«oscar» del settore: farine, impasti e tradizione, ora il pane si fa come una volta

Il mondo del pane sta cambiando. Lo conferma l’edizione 2024 della Guida Pane e Panettieri d’Italia del Gambero Rosso appena uscita. Che presenta un mondo variegato, con un’attenzione crescente alla sostenibilità e al sociale. Al classico panificio si affiancano bakery aperte tutto il giorno, chefche aprono corner di vendita, laboratori senza punto vendita, panifici diffusi. E sempre più giovani — e molte donne, evviva — vogliono «fare il pane» e cambiano vita: la «panificatrice emergente» della guida è Giulia Busato di Noale, in provincia di Venezia, laureata in legge, passata per Masterchef, e oggi innamorata del «pane come una volta, ma di adesso». E a Torino come siamo messi? Nella guida sono 5 i panificatori di città e provincia che hanno ottenuto i 3 pani, il riconoscimento massimo, 4 conferme e 1 una new entry: Grano-Fornai in fermento di Sergio Scovazzo, a Santena. Anche Scovazzo ha cominciato dalla ristorazione — ha lavorato con lo stellato Christian Mandura — poi è stato folgorato sulla via del pane. Giovane e appassionato, è un «panificatore contemporaneo» che guarda al futuro ma non dimentica la tradizione. Il futuro è la conservazione del pane: un particolare metodo di confezionamento garantisce una conservazione di 60 giorni (e già serve questo pane a grandi ristoranti, Il Carignano, La Credenza). La tradizione è nelle farine, nelle forme, negli impasti: il pane di montagna, il pane di campagna «toc ad bosc», il Fujot integrale, il Boia Fauss ai 9 cereali. Ultima novità il croissant salato, ripieno di pesto, di carbonara, di ragù, e lievitati e pizze per l’aperitivo.
Punta al pane e alle pizze al taglio anche un altro «tre pani» torinese, Alessandro Spoto, bakery in via Chiesa della Salute, Borgo Vittoria. Spoto ha cominciato a fare il pane a 14 anni, ricerca grani antichi, ha i suoi campi e ora anche il suo orto, a Pino Torinese. I suoi pani di farine macinate a pietra sono in formati grandi, che si conservano più a lungo: pane di segale, di farro integrale, ai dieci cereali, il grano antico siciliano, il nero di Castrelvetrano. Continua a leggere su: Corriere.torino.it

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