A indicarci le nuove (o vecchie?) frontiere della panificazione è Matteo Calzolari, anima della Comunità Slow Food del Grano dell’Alto Appennino tra Bologna e Firenze e nodo importante di Slow Grains, rete di produttori e trasformatori che in tutto il mondo recuperano le varietà locali dei cereali, coltivandole e trasformandole in farina, pane e pasta. È a lui che abbiamo chiesto qualche dritta su come poter scegliere uno degli alimenti che mangiamo tutti i giorni e forse quello su cui ci informiamo meno.
E purtroppo nel pane abbiamo davvero poche informazioni sulle materie prime che vengono utilizzate: «E invece si può aggiungere ogni tipo di sostanza senza l’obbligo di dichiararlo. Come, ad esempio, aggiuntine di glutine o di mix non meglio dichiarati, o ancora preparati pronti: il pane lievita in un attimo e noi non lo sappiamo».
Il pane si fa in campo
L’ingrediente fondamentale del pane è il grano: «La panificazione inizia in campo. Sembra una banalità dirlo, ma la farina deve essere ottenuta da una agricoltura rispettosa dell’ambiente, del suolo senza uso di pesticidi. E badate bene non è solo un vezzo. L’unico senso è che il grano sia biologico, che ai fertilizzati azotati, ai diserbanti e i trattamenti con fitosanitari si preferiscano i metodi dell’agricoltura ecologica. E quindi rotazioni, erba medica, sovescio. I grandi produttori di vino l’hanno capito: senza l’uva pulita, sana non si può fare un buon vino».
Ora che le regole d’oro le abbiamo imparate, vediamo qualche consiglio per i nostri acquisti in panetteria.
«Preferiamo sempre un pane di grossa taglia non un paninetto. E guardate che non sia perfetto, c’è il rischio che sia fatto con farina troppo costruita. Deve essere poi ben cotto, con una bella doratura e colore che va dal giallo al marrone, il ché significa che hai cotto il pane in un forno che ha raggiunto le temperature giuste».
Ancor più utile che conoscere il tipo di farina è chiedere il tipo di macinatura: «Deve essere macinato a pietra è il tipo di macinatura che da il sapore al pane» spiega Matteo.

Acquisto del pane: buono a sapersi
Il primo passo: la filiera
Come sottolineato da Matteo, ingredienti devono essere stati coltivati in modo serio e controllato. La qualità di un prodotto alimentare è soprattutto un racconto che comincia dal luogo di origine.
La tipologia di farina.
Che cosa vuol dire integrale in Italia.
In riferimento ai cereali integrali e dei loro derivati, quindi ad esempio la farina, la legge 187 del 9 febbraio 2001 determina che una farina «può essere definita integrale quando «il tasso di minerali è compreso tra 1.3 e 1,7 su cento parti di sostanza secca» Questa legge non considera però due fattori essenziali: l’indice glicemico e il metodo con cui si ottiene la farina che, come sottolineava Matteo, dovrebbe essere macinata a pietra.
Se andiamo a vedere i prodotti definiti come integrali, come il pane appunto, la normativa dice per essere tale dovrebbe «contenere almeno il 51% di tutte e tre le componenti del seme: endosperma, crusca e germe»
La conseguenza di questa dicitura, è che sempre più spesso troviamo prodotti che crediamo integrali ma che a ben guardare sono preparati con la farina bianca raffinata a cui sono stati aggiunti crusca o cruschello. Da farine ricomposte.